Arti decorative Rubriche 

Il pittoresco che fa bene al cuore

Ettore Roesler Franz. Il vedutista dell’Ottocento Romano più noto in Italia e all’estero

di Pierluigi Roesler Franz

e-ritratto-eseguito-da-giacomo-balla-1903Fondatore e più volte Presidente della Società degli Acquerellisti in Roma, Ettore Roesler Franz può considerarsi tra i maggiori acquerellisti italiani di ogni tempo e tra i principali esponenti del realismo ottocentesco, oltre che antesignano dei moderni ambientalisti. La sua famiglia, di origine tedesca, si era trapiantata a Roma all’inizio del Settecento e nella capitale aveva fondato il celebre Hotel d’Alemagna, tra via Condotti e Piazza di Spagna, dove furono ospitati, tra gli altri, Goethe, Stendhal, Wagner, Luciano Bonaparte, de Lesseps, Thackeray e Winckelmann. Ettore, nato a Roma l’11 maggio 1845, iniziò l’attività artistica a 18 anni assieme a Ettore Ferrari, amico fraterno e compagno di studi presso l’Accademia di San Luca, artista noto per il monumento a Giordano Bruno in Piazza Campo de’ Fiori, deputato e Gran Maestro del Grande Oriente di Italia. Fin da giovane Ettore ebbe un ottimo rapporto con gli ambienti anglosassoni con cui condivideva sia la passione per le passeggiate tra le rovine romane e la via Appia, sia interessi lavorativi, essendo stato impiegato dal 1864 al 1872 al consolato inglese, dove ricoprì la carica di segretario e conobbe il console Joseph Severn (1793-1879), valido acquarellista ed amico fraterno di Keats. Quando Severn morì, Ettore e suo fratello Alessandro – nel frattempo diventato console di Inghilterra a Roma – contribuirono, insieme ad altri intellettuali inglesi, all’erezione della stele sepolcrale nel cimitero acattolico di Roma alla Piramide. Il fratello Alessandro, che aveva sposato a Roma la lady inglese Giulia Teiser, aprì ad Ettore il mercato del Commonwealth facilitandogli la vendita dei quadri ai turisti inglesi in visita al suo studio di piazza San Claudio 96, nel pieno centro storico. Vissuto in ambiente cosmopolita, venne circondato da amici intellettuali e artisti che fin dalla giovane età gli consentirono di acquisire una formazione culturale molto aperta. Uno dei suoi maggiori estimatori fu il grande storico tedesco e cittadino onorario di Roma, Ferdinand Gregorovius (1821-1891). Ettore Roesler Franz, anche grazie alla conoscenza di quattro lingue, viaggiò in lungo e in largo per l’Europa avendo modo così di far conoscere al pubblico i suoi acquarelli, e si ispirò nel suo percorso di vita ed opera a quanto scrisse sul retro di un suo dipinto: “Per riuscire nella vita occorre saper pazientare, prendersi i fastidi, disfare e rifare, ricominciare e continuare senza che il moto della collera o lo slancio dell’immaginazione vengano ad arrestare o a sviare lo sforzo quotidiano”. L’artista morì a 62 anni, il 26 marzo 1907, nella sua abitazione romana di piazza San Claudio e riposa nella Cappella di famiglia presso il cimitero del Verano.

Il pittore di “Roma Sparita”

L’opera denominata da Roesler Franz “Roma pittoresca: memorie di un’era che passa”, ha reso noto l’artista in tutto il mondo come il pittore della “Roma Sparita”. L’insieme è formato da 120 acquerelli di cm 53×75 circa, tutti realizzati nell’arco di un ventennio, tra il 1876 e il 1895. Suddivisi in tre Serie da 40 quadri ciascuna, rappresentano efficaci testimonianze visive che precedono gli storici mutamenti nella struttura urbanistica di Roma; un insieme di acquarelli – alcuni di essi successivamente replicati dall’artista – che ci permette di immaginare la città prima degli sventramenti succedutisi dalla fine dell’Ottocento in poi. Dopo l’Unità d’Italia, infatti, molte zone di Roma vennero demolite. In particolare, le case sulla sponda sinistra del Tevere e quelle sulla sponda destra nella zona di Trastevere furono abbattute dopo la disastrosa esondazione del fiume, nel 1870, che rese necessaria l’edificazione di nuovi argini murari. Altre zone andarono perdute, come il Porto di Ripetta e quello di Ripa Grande, ed altre ancora vennero sacrificate al nuovo piano regolatore, come il Ghetto, pittorescamente riportato nei suoi colori da Ettore Roesler Franz che lo immortalò a testimonianza del suo profondo legame affettivo con la comunità ebraica di Roma. Sempre a fine Ottocento furono smembrate alcune ville, come la Ludovisi – 32 ettari tra Porta Pia e piazza Barberini, considerata il più bel giardino d’Europa – e vennero costruiti interi quartieri come Ludovisi e Prati. Altri ammodernamenti messi in atto nella zona a ridosso del Campidoglio, causarono, tra l’altro, la demolizione della casa di Giulio Romano nel 1888. In seguito, in epoca fascista, altri sventramenti della città avrebbero portato alla distruzione di zone antiche come la cosiddetta “Spina di Borgo”, di fronte alla Basilica di San Pietro, abbattuta affinché fosse costruita l’attuale via della Conciliazione.

Ciò che rende prezioso ogni acquerello della raccolta “Roma pittoresca” è l’attenzione benevola e la cura verso la descrizione di luoghi e dettagli che il nuovo secolo, con la sua voglia ossessiva di progresso e di trasformazione urbana, avrebbe disperso per far posto a nuovi oggetti, nuove strade, nuovi mestieri, nuovi abitanti, nuovi modi di vivere, una nuova realtà che avrebbe ridotto monumenti e luoghi storici a mere mete turistiche. Non vi è patetico sentimentalismo nelle vedute di “Roma Sparita”, ma piuttosto il desiderio di contrapporsi visivamente al progresso che si insinua nella città con l’intento di renderla dinamica, strappando brutalmente ad essa quel velo pittoresco, quasi provinciale che si conserva, viceversa, intatto negli acquarelli di “Roma Sparita” attraverso le immagini delle colorite tradizioni e della genuina semplicità, in “quell’aria fresca e spontanea”, come scrisse Federico Hermanin, antiquata rispetto alle altre capitali europee. In un suo scritto in inglese del 29 marzo 1894, una sorta di “testamento spirituale”, lo stesso Ettore Roesler Franz chiarisce il suo intento: “La collezione dovrebbe essere posta in una sala speciale con una grande carta topografica della vecchia Roma in cui io darei indicazioni dei luoghi dove sono stati ripresi i quadri e questo faciliterebbe gli studiosi delle future generazioni nel capire quale era l’aspetto di Roma prima dei presenti mutamenti”.

Attualmente il Comune di Roma possiede 119 acquarelli di “Roma Sparita”. L’intera collezione è conservata presso il Museo di Roma in Trastevere a piazza Sant’Egidio. L’unica opera mancante, raffigurante Palazzo Mattei alla Lungaretta, fu rubata a Colonia, in Germania, nel 1966. Al Museo Centrale del Risorgimento in piazza Venezia a Roma si può, invece, ammirare l’acquarello raffigurante “Re Vittorio Emanuele II di Savoia nella sua prima visita a Roma il 31 dicembre 1870, mentre la città era inondata dal Tevere”. È un quadro di particolare importanza per l’intera opera di “Roma Sparita” perché fu proprio in quell’occasione che il Re decise la costruzione dei muraglioni sul Tevere per evitare ulteriori inondazioni della capitale; partì, infatti, poco tempo dopo, l’opera di demolizione lungo le sponde del fiume. L’acquarello fu eseguito 13 anni dopo ma Ettore Roesler Franz fu comunque testimone della scena ritratta in quanto, nominato sottotenente della Guardia Nazionale il 23 dicembre 1870, era presente al passaggio del sovrano in carrozza nella sua prima visita ufficiale a Roma 100 giorni dopo la presa di Porta Pia. Durante la sua vita diciannove sue opere sono state acquistate da clienti “eccellenti”: Sua Maestà l’Imperatrice Maria Feodorovna di Danimarca, il Granduca Giorgio, tre re d’Italia (Vittorio Emanuele II, Umberto I e Vittorio Emanuele III di Savoia), la Regina Margherita, il Granduca d’Assia e il celebre statista Quintino Sella.

Mostre e Riconoscimenti

Le 23 esposizioni all’estero – Parigi, Londra, San Pietroburgo, Berlino, Dresda, Stoccarda, Monaco di Baviera, Vienna, Belgio ed Olanda – e le 46 in Italia – Roma, Torino, Milano, Firenze, Trieste e Venezia – durante la sua vita, restano a testimonianza di quanto l’opera dell’artista fosse conosciuta e apprezzata in tutta Europa. Tra i riconoscimenti più importanti in vita, ricordiamo la presentazione della Prima Serie di “Roma pittoresca” con cui fu inaugurato il Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 1883, mostra replicata nel 1888 all’Esposizione di Berlino – Accademia Reale di Belle Arti, dove l’artista fu premiato dall’Imperatore Guglielmo II con “una piccola medaglia d’oro”. Due anni dopo, la Prima Serie di “Roma pittoresca” venne esposta anche a Vienna alla Schonbrunnerhause (Palazzo della società degli Artisti Austriaci), un’occasione in cui la stampa locale dimostrò grande apprezzamento per la sua opera. Nel 1890, all’Esposizione di Acquerelli e Pastelli di Dresda, Roesler Franz ottenne il diploma d’onore mentre in patria Re Umberto I, su proposta del Ministero dell’Istruzione Pubblica, lo nominò Cavaliere della Corona d’Italia. Nel 1897, gli 80 acquarelli della Seconda e Terza Serie vennero presentati al Teatro Drammatico Nazionale di Roma, dove ottennero un eccezionale successo e la mostra fu prorogata. Infine, nel 1904, gli stessi 80 acquarelli furono esposti a Londra a “Earl’s Court”. Oltre che in collezioni private (tra cui quelle di Casa Savoia e della Famiglia dello zar di Russia) e di istituti bancari (Unicredit-Banca di Roma e Intesa-Sanpaolo), le opere di Ettore Roesler Franz sono presenti in vari musei del Regno Unito, Usa e Australia.

 


e-lettera-a-bellinzoni-1880
Il Popolo Romano, 14 febbraio 1880, stralcio della pagina in cui è pubblicato il “botta e risposta” tra Roesler Franz e Bellinzoni

“Botta e risposta”

Sull’ultima Esposizione degli acquerellisti a piazza del Popolo a Roma
Il 14 febbraio del 1880 Il Popolo Romano, pubblica l’interessante lettera di Roesler Franz a Luigi Bellinzoni, critico d’arte del giornale. In essa il pittore lamenta che la pittura all’acquarello non viene apprezzata in Italia come, invece, accade all’estero, e che nell’ultima Esposizione di piazza del Popolo gli acquarelli sono stati esposti assurdamente senza luce e in un ambiente molto umido. Riportiamo il testo della lettera preceduto dalla premessa di Bellinzoni e seguito dalla sua risposta all’artista. Esposizione artistica in piazza del Popolo Nell’ultimo nostro articolo non c’ingannavamo nel fare una questione di forma e di convenienza nel ragionare sulla poca concorrenza dei nostri artisti, e specialmente degli acquarellisti, alle esposizioni annuali di piazza del Popolo. Nei due scorsi giorni abbiamo ricevute parecchie lettere ed attestazioni in favore delle nostre considerazioni non solo dalla parte degli artisti, ma anche da moltissimi – che pur ve ne sono in Roma – i quali s’occupano seriamente d’arte, perché conoscono e sentono quali influenze benefiche essa apporti a quei Paesi che meglio le coltivano. Per oggi crediamo di non fare cosa discara ai nostri lettori consegnando alla pubblicità la lettera di un pittore, che è abituato alle Esposizioni mandando i suoi lavori alle mostre artistiche dell’Inghilterra, come a quelle della Germania, del Belgio, dell’Olanda e dell’Italia. Noi ci prendiamo questa libertà senza la sua autorizzazione, non tanto perché la sua lettera è informata agli stessi principii da noi antecedentemente espressi, ma perché queste frasi buttate sulla carta da un artista attivissimo in un momento di slancio sono le vere e dovrebbero servire per l’avvenire a salvare certe situazioni. La lettera è tutt’affatto che confidenziale: nell’animo dello scrivente era ben lontana l’idea che essa potesse servirci per base ad un articolo. È un rinforzo valido e, come tale, chi combatte per una causa non deve respingerlo. Perciò speriamo che il giovane pittore non ci voglia ammettere ad imprudenza un tale atto; ma ce lo voglia scusare in forza del principio. Ecco la lettera: “Mio caro Bellinzoni, Ho letto con piacere nella tua Rivista artistica di stamane le giuste osservazioni per la poca o niuna considerazione nella quale si tiene l’acquarello nell’esposizione (di piazza, n.d.r.) del Popolo. È veramente deplorevole che, dopo lo sviluppo che ha preso in Roma questo ramo della pittura, si debba ancora considerarlo come un ninnolo dell’arte ed assegnargli in tutte le esposizioni l’ultimo posto. Quanto a quella (di piazza, n.d.r.) del Popolo è poi doppiamente doloroso che per rispondere alle premure del benemerito presidente uno s’induca a mandarvi i proprii lavori per vederli poi esposti in una luce che non è luce e in un ambiente nel quale la miglior cosa che possa farsi è di fuggir via per non prendere un reuma od altro malanno e per la mancanza di quegli allettamenti di cui tu hai già fatto parola che si risolvono poi anche in sagrifici maggiori per gli esponenti che si vedono svanita ogni probabilità di vendita. Nella tua rivista hai trovato ben poco di apprezzabile fra gli acquarelli. Il tuo compito era però difficile! Giacché se quei lavori piuttosto che attaccati fossero esposti, chi sa che non vi avresti trovato anche degli altri meritevoli delle tue osservazioni? Tu sai quanto io abbia fatto e faccia affinché l’acquarello prenda un posto notevole fra noi, come lo ha di già altrove. Ti sarò perciò sempre più grato ogni qualvolta ti adopererai per togliere certi pregiudizi, che pur troppo dominano ancora il campo. Ti stringe la mano Il tuo amico Ettore R. Franz” In opposizione a questa lettera potrei riportare le osservazioni emesse a voce sul nostro ultimo articolo dal pittore prof. Belloli. Esso ci ha detto: “L’arte è una sola comunque si faccia”. Ciò è anche nei nostri concetti. L’arte è una sola. Quella manifestazione più vera, più spirituale, più caratteristica, più grandiosa, più bella o d’un’idea o d’una cosa in qualunque modo ci venga porta, è arte. È un principio intangibile; ma però quando vediamo che questa manifestazione artistica si può ottenere con un mezzo il quale è ben accetto ad una parte di pubblico, perché noi non dovremmo accettare questo mezzo attorniandolo di quelle premure che possono meglio farlo valere? Ripudiamo lo sterile che esso ci dà, estirpiamo le erbe cattive che pullulano tra i fiori di questo campo, trafiggiamo con gli strali della critica le nullità pretenziose; ma sosteniamo le qualità buone facendole servire allo scopo morale, supremo fine dell’arte. La scultura ci perdoni questa digressione: domani verrà alla ribalta. Bellinzoni”.


Articolo pubblicato su La Gazzetta dell’Antiquariato n. 246/247 – Luglio/Agosto 2016

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