Le cartoline di Salvatore Besso
Il valore ‘eccezionale’ di una collezione normale
di Enrico Sturani
A cavallo fra ’8 e ’900, le cartoline illustrate spedite nei principali Paesi si contavano a miliardi. Un collezionista di Brno, in Moravia, misurava le proprie in tonnellate: sette!
Salvatore Besso, giovane giornalista morto prematuramente nel 1912, ne lasciò solo circa 8.000: 6.123 ben sistemate in 13 album, e il resto in scatole di cartone legate con lo spago.
Oggi, con gli album a fogli mobili e con le pagine a buste di plastica trasparente, sistemare gli ultimi arrivi non è un problema; allora, sì. In effetti, i fogli di cartoncino con le cartoline infilate in stretti tagli, dopo pochi ripensamenti e spostamenti andavano in pezzi, con effetto estetico deleterio per gli album illustrati con splendidi motivi liberty. La cosa pareva meno grave, ma lo era comunque, negli album di tela: uno per colore, per riconoscerne ‘a occhio’ il contenuto. Perciò, in attesa di sistemare in modo – forzatamente – definitivo i nuovi arrivi, essi erano conservati nel purgatorio delle sciolte.
Che genere di cartoline raccoglieva Salvatore Besso?
Come tutti all’epoca, il giovane Salvatore, figlio dello studioso e bibliofilo Marco Besso, conservava le cartoline arrivate per posta, con la strabiliante girandola delle ‘augurali’ e di quelle di fantasia veicolanti un complimento, un pensiero, un ricordo; per lo più cartoline con firme femminili, ora eleganti, ora sentimentali, che non occorreva preoccuparsi di classificare in alcun modo.
Altre erano quelle cercate apposta da Salvatore con fini informativi e documentari. Le comprava egli stesso durante i frequenti viaggi in giro per il mondo, nella sua funzione di inviato de “La Tribuna”: l’incendio che devastò Pechino, la sfarzosa incoronazione del re del Siam, il crollo del campanile di San Marco a Venezia, l’“Affaire Dreyfuss”, il Giubileo del 1900, l’inaugurazione del Vittoriano a Roma… E poi, ogni altro avvenimento storico e politico, sociale e mondano. Soprattutto, però, conserva gli esemplari provenienti dai luoghi più disparati: da quelli delle regioni d’Italia per la prima volta documentate in fotografia, a quelle dei Paesi lontani (compresi la Siberia e la Manciuria). Capitava (come per gli Stati Uniti) che tenesse da parte le cartoline che riceveva da corrispondenti iscritti alla sua stessa associazione di collezionisti: gli sarebbero servite a preparare il viaggio! e quelle che gli ricordavano i suoi stessi viaggi compiuti in capo al mondo, compresi la Cina e il Giappone (qui aveva raggiunto la cima del Fuji, facendo notizia sui giornali locali).
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Era ‘eccezionale’ la sua collezione?
Non proprio. Rispetto alle altre raccolte maschili si distingueva per il fatto di non essere specializzata (moltissime erano quelle ‘reggimentali’, maniacalmente monotematiche); vi si trovava rappresentata una buona campionatura di un po’ tutti i settori, né – come capitava per le collezioni femminili – era solo un disordinato affastellamento di cartoline ‘leggere’. Essa corrispondeva piuttosto al ‘campionario’ svariatissimo presente nei cataloghi e nelle riviste ‘cartofile’ pubblicate all’epoca dai principali editori del settore; riviste e cataloghi a cui Besso era abbonato e che conservava gelosamente. Fiero della propria ‘opera’, egli aveva partecipato alla “Prima Mostra Internazionale di Cartoline di Venezia” nel 1899, vincendo una ‘Medaglia d’argento placcata oro’. Ma neppure questa circostanza è così ‘speciale’, dato che allora di queste mostre se ne tenevano tante in giro per il mondo.
Ciò che viceversa rende questa raccolta assolutamente fuori dell’ordinario è che, a distanza di oltre un secolo, invece di essere finita ad ammuffire in una cantina o dispersa a opera di un commerciante, sia stata conservata nel tempo assieme a tutti gli altri materiali della prestigiosa biblioteca della Fondazione Marco Besso, padre di Salvatore.
La sua ‘eccezionalità’, dunque, sta proprio nell’essersi conservata nonostante la sua relativa ‘normalità’.
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Ora in mostra
Presso la Fondazione Marco Besso è in svolgimento a Roma l’esposizione che presenta i materiali cartacei raccolti dal figlio Salvatore nella sua breve vita (1884-1912). Le curatrici, Carla Rivolta e Raffaella Paleari – su un’idea di Maria Lia Lumbroso, pronipote di Marco Besso – hanno riservato alle cartoline, anche a quelle giudicate oggi meno belle e quindi meno commerciali, la stessa attenzione con cui si guarda ad ogni altra documentazione. I 1.400 pezzi esposti non sono, quindi, una selezione di rarità, di documenti storici, di testimonianze dell’Art Nouveau più squisita, ma semplicemente un campione rappresentativo della sua raccolta; un corpus il cui valore, a distanza di tanto tempo, non sta nel corrispondere ai nostri gusti attuali, ma nell’essere un buon esempio di come si collezionava un tempo.
Qualcosa di realmente ‘eccezionale’, però, c’è: le numerose annate di riviste cartofile conservate da Besso; introvabili presso altre biblioteche romane e rarissime anche a livello nazionale. Il cataloghino dell’esposizione veneziana di cartoline del 1899, poi, è assolutamente unico; viene intelligentemente esposto assieme all’articolo di Maggioni che, su “Emporium”, presenta questa mostra come un’autentica innovazione del gusto.* *Vedi E. Sturani, Arte in cartolina, Manduria, 2010, pp.50-54.
“Cartoline: immagini diffuse, alba di un primo network?”
fino al 18 novembre Fondazione Marco Besso,
Roma – Largo di Torre Argentina 11
Orario: dal lunedì al venerdì 13-17
Articolo pubblicato su La Gazzetta dell’Antiquariato n. 250 – Novembre 2016