Art Cover. Oltre il vinile c’è di più
di Marina Pescatori
Avete mai pensato ai vostri LP come ad opere d’arte? Molte copertine di dischi possono considerarsi a pieno titolo tali. Soprattutto quelle dal secondo Novecento in poi, realizzate da artisti di fama internazionale.
Alla ricerca di buone immagini
Vi piace ascoltare musica e andate fieri della vostra raccolta di LP. Ma guardate attentamente anche le copertine: senza saperlo potreste essere in possesso non solo di supporti sonori ma di immagini create ad hoc da un artista famoso.
Non è necessario essere degli esperti per riuscire ad individuare una cover d’artista: il nome del creativo in genere è riportato da qualche parte sul supporto stesso, e l’indagine che porterà ad individuarlo come autore accreditato è abbastanza semplice. Un po’ meno facile, invece, è riuscire ad avere notizie in merito all’idea che sta dietro alla definizione dell’opera e magari riuscire a conoscerne la storia. Per fortuna in questo ci aiutano gli studi dei diversi esperti nel mondo che, per mestiere/passione si interessano a ciò che gira intorno al tema musicale, in Italia, tra gli altri, Francesco Spampinato, storico della cultura visiva, Red Ronnie, critico musicale e giornalista di settore e Vincenzo Sanfo, collezionista e critico d’arte torinese che insieme alla figlia Giorgia ha raccolto negli anni migliaia di dischi la cui particolarità sta proprio nell’avere la copertina disegnata da un artista.
Proprio in questo mesi, a Castelnuovo di Porto (RM) si è potuta ammirare parte della raccolta dei Sanfo esposta nelle sale della Torre Colonna in una mostra che ha visto curatori i due collezionisti e collaboratori Alessandra Mammì, Red Ronnie e Sergio Secondiano Sacchi, dei quali sono presenti saggi nel catalogo Arte a 33 giri. Copertine d’artista – Litho Art New, Torino 2022.
33 giri con una marcia in più
Dapprima seriose contenitrici dei primi dischi – inizialmente a 78 giri, poi a 33 – le copertine nel corso del ‘900 vedono rappresentati sulle loro pagine cambiamenti che evidenziano l’esigenza di essere al passo coi tempi.
Che promuovere il proprio prodotto anche attraverso una bella cover fosse importante, fu compreso quasi subito, ma solo negli anni ’40 l’industria discografica si chiese cosa fosse meglio rappresentare su di essa.
Consueto, negli anni ’40-’50, è il disegno del tema trattato nel testo, il rimando al repertorio che ispira la canzone: un disegno o la foto di un monumento noto, di una località o degli strumenti musicali che ne definiscono il genere. Già allora, però, comincia ad affacciarsi uno dei futuri must delle cover: l’immagine fotografica o grafica del cantante, una tipologia che prenderà il sopravvento fino a diventare icona nei decenni successivi. Il volto totemico del personaggio in primo piano trattato creativamente dall’artista di turno si imporrà sul contenuto musicale negli anni ’70-’80 divenendo esso stesso biglietto da visita, garanzia di un disco di qualità.
Gli anni ’60-’70 vedono i produttori impegnati a sperimentare una nuova strategia di mercato che nasce da un’intuizione: l’immagine di copertina, qualunque essa sia, deve essere di forte impatto visivo al fine di attirare l’attenzione del compratore di dischi generalista, non dell’appassionato di un certo genere o di un cantante quindi, ma di chi, a scatola chiusa, acquisterà soprattutto perché attratto dalla suggestione della cover (non avviene così anche per i libri?).
A questa fruttuosa linea comunicativa contribuiranno, senza consapevolezza ma in modo significativo, gli eventi politici e culturali di livello mondiale – a volte sfociati in vera e propria denuncia sociale – e l’idea di ribellione verso l’immagine convenzionale veicolata da artisti che si rivolgono al mercato del disco realizzando copertine “forti” che sono già storia del costume. Nuovi modelli culturali.
Molti sono i nomi legati a movimenti artistici o meno, creatori di elaborazioni grafiche che definire solo commerciali non basta. I loro lavori possono essere monotonali o pieni di colori, divertenti o irriverenti, fino ad essere spiazzanti al punto tale da capovolgere totalmente il rapporto tra arte e musica.
Emerge tra i nomi eccellenti che uniscono discipline e linguaggi diversi quello di Handy Warhol, caposcuola di un’arte grafica globale che non poteva non coinvolgere la musica.
È il famoso artista e creativo americano a dare il via allo sconvolgimento grafico che dagli anni ’60 in poi vede protagoniste le copertine dei dischi. Sì, è vero, prima di lui c’erano state case discografiche che avevano scelto per le loro copertine riproduzioni di opere di artisti noti, ma si trattava in quel caso solo di cessione di diritti. Anche alcuni grafici e illustratori di rilievo prima di lui si erano dedicati alle cover (ricordiamo Ben Shahn negli anni ’30) ma non avevano destato clamore.
Handy Warhol, invece, appena uscito dal Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh si fa notare per la sua tecnica grafica innovativa. Comincia a lavorare per la Columbia Records nel 1949 e già nei primi disegni compare la linea di demarcazione tra il prima e il dopo, il futuro passaggio della cover da semplice copertura di vinile a mezzo attraverso il quale esprimere innanzitutto la propria arte, un’opera originale che vive di vita propria e che talvolta supera in eccellenza creativa il contenuto sonoro che preserva.
Negli anni Handy Warhol realizzerà in tutto una sessantina di art cover. Una nutrita schiera di artisti a lui contemporanei ne seguirà l’esempio e ancora oggi molti creativi si ispirano ai suoi lavori.

Per realizzare la copertina il pop artist utilizzò diversi scatti polaroid in cui i membri della band di mordevano tra loro. Nell’elaborazione finale che diede luogo alla cover Mick Jagger tiene in bocca la mano di un altro componente del gruppo
(Collezione Vincenzo e Giorgia Sanfo. Mostra a “Da Picasso a Warhol. Le vinil cover dei grandi maestri”)
“Banana Album”. Un’icona Pop Art
Nel 1967 la copertina realizzata da Warhol per l’album dei Velvet Underground & Nico irrompe nel mondo della discografia. L’immagine allusiva e spregiudicata della banana che si sbuccia crea imbarazzo nel mondo dell’arte applicata e non solo, così come al suo interno creano sconcerto i testi dissacranti della band di Lou Reed, tanto che, non molto proposto in radio, l’album nei primi 5 anni di vita venderà solo poco più di 30.000 copie. Nonostante ciò l’LP è definito dagli odierni esperti musicali come “l’album rock più profetico mai realizzato”, classificato dalla rivista Rolling Stone al 13° posto come miglior album di tutti i tempi. La copertina di Warhol, in più, rientra tra le 100 più originali creazioni di cover in assoluto.
Nascita di una collaborazione leggendaria
Negli anni ’60 Handy Warrol è già il famoso creativo che opera su più fronti nella sua Factory newyorkese. Interessato alla forza innovativa della musica di quegli anni, trasgressiva e provocatoria, intende creare un suo gruppo musicale. Quando incontra i semisconosciuti Velvet al Cafè Bizarre nel Greenwich li considera perfetti per i suoi scopi. Alla band aggiunge una voce femminile, Nico, modella e cantante tedesca che frequenta l’ambiente della Factory, e dà vita all’insieme che porta al disco esordio del gruppo prodotto dal pop artist stesso e Tom Wilson.
Nel tempo, la trasgressiva copertina del vinile è divenuta essa stessa identificativa dell’album tanto che è l’LP è semplicemente noto come “Banana album”.
Particolare: non compaiono sul fronte scritte con il nome del disco, né del gruppo, né dell’etichetta, solo il nome dell’artista. Warhol firma il progetto discografico proprio come se fosse una sua opera d’arte.
All’epoca, la Verve Records considerò geniale l’idea di copertina disegnata da Warhol con la collaborazione di Acy R. Lehman, ed investì molto per acquistare una macchina per produrla, ma l’allusione sessuale, difficile da realizzare, allungava di molto i tempi e cosi su larga scala fu messa in produzione solo la versione della banana con buccia non rimovibile.

Sul primo nucleo di dischi in commercio la buccia adesiva della banana si stacca scoprendo il frutto rosa volutamente allusivo. Esplicativa la freccia che indica:“peel slowly and see” (sbuccia lentamente e guarda).
Oltre alla versione originale, dell’iconico “Banana album” si conoscono numerose edizioni differenti sia nel fronte sia nel retro e con frutto sbucciabile o meno.
(A sinistra, esemplare esposto alla mostra “Viaggio nella Pop Art: un nuovo modo di amare le cose”, 13 settembre 2024 – 31 marzo 2025, La Vaccheria, Roma. A destra, esemplare del 1985 della Collezione Sanfo esposto alla mostra “Da Picasso a Warhol. Le vinyl cover dei Grandi Maestri”, 22 febbraio – 2 giugno 2025, Rocca Colonna, Castelnuovo di Porto)
Collezionare art cover
Protagonisti della Pop Art, della Street Art, della Transavanguardia e artisti non strettamente legati a uno specifico movimento: tutti sono collezionabili!
Tra i nomi che hanno contribuito e contribuiscono a rendere i 33 giri accattivanti supporti artistici ricordiamo gli stranieri: Dalì, Magritte, Picasso, Vasarely, Schnabel, Rauschenberg, Lichtenstein, Hirst, Basquiat, Haring, LeWitt…; gli italiani: Mimmo Paladino, Marco Lodola, Michelangelo Pistoletto, Francesco Clemente, Marco Nereo Rotelli, Ferruccio D’Angelo, Gilberto Zorio e importanti illustratori di fumetti come Guido Crepax e Milo Manara. Anche alcuni grandi fotografi si sono dedicati alle copertine di LP. Ricordiamo Nobuyoshi Araki, Robert Mapplethorpe, Luigi Ghirri.
Connessioni interdisciplinari tra musica e pittura possono considerarsi le opere di cantanti che sono anche pittori. È successo infatti che Paolo Conte e Gino Paoli firmassero copertine di loro dischi, e che Joni Mitchell disegnasse oltre alle sue, le cover di alti cantanti.
Per essere degno di collezione, non è necessario che il 33 giri sia stato un successo musicale o che sia un pezzo raro sul mercato. La raccolta di cover d’autore segue logiche differenti: ha a che fare più con l’ispirazione personale dell’artista unita a quella del cantante piuttosto che non con la loro esplicita fortuna. Talvolta il dialogo tra i due è stretto ed evidente, talvolta è distate, oscuro e bisognoso di studio per essere compreso, ma vale sicuro la pena di essere approfondito perché ci restituisce un modo nuovo di amare il vinile, un modo che arricchisce di contenuto ciò che già ci piace.
In copertina: Mario Schifano, Le stelle di Mario Schifano, album “Dedicato a…”, autoproduzione, 1967
Rarissimo album di musica pop-psichedelica il cui originale all’epoca fu stampato in pochi esemplari (forse 500) e realizzato in due edizioni che differivano tra loro: una semplice per i negozi di dischi e una speciale per le gallerie d’arte che, oltre all’LP, conteneva litografie numerate del notissimo artista visivo romano
(Collezione Vincenzo e Giorgia Sanfo. Mostra “Da Picasso a Warhol. Le vinil cover dei grandi maestri”)